La letteratura sulle vittime ha finora affrontato quasi esclusivamente il tema dell’impatto psicologico delle molestie che, in parte, è implicito nella definizione stessa della sindrome. Per definizione, infatti, nei casi di molestie assillanti le comunicazioni e la ricerca di contatto indiretto e/o diretto del molestatore risultano non solo sgradite e importune alla vittima, ma anche fonte di preoccupazione e paura per la propria sicurezza personale e/o di persone care, fino ad un vero senso di terrore.
L’impatto pratico per le vittime di una campagna di stalking può essere assai gravoso in termini di giornate di lavoro perse e tempo impiegato per aumentare il grado di protezione personale, spese per la sicurezza, traslochi e perfino migrazioni. A tutto ciò si accompagna una variabile frequenza ed intensità di sintomi correlati. Nel più ampio studio epidemiologico disponibile sulle vittime (n = 826), il 30% delle donne e il 20% egli uomini aveva dovuto richiedere counselling psicologico. Rispetto alla popolazione di controllo, inoltre, chi era stato vittima di stalking riportava un maggior senso di vulnerabilità e di insicurezza.
Molte vittime di stalking rinunciano ad andare a trovare amici e parenti e mostrano una limitazione della vita sociale.
Quasi sempre sono costrette a cambiare numero di telefono ed indirizzo di posta elettronica.
Possono essere costrette a sostenere spese per riparare oggetti di proprietà che sono stati danneggiati (case, automobili, ecc) .
Ulteriori spese sono correlati all’installazione di sistemi di sicurezza ed al ricorso a legali o a terapeuti per fronteggiare le conseguenze dello stalking; parecchie imparano tecniche di difesa personale o acquistano e si esercitano nell’uso di un arma.
In un certo numero di casi, le vittime sono costrette a cambiare lavoro o ridurre l’impegno lavorativo a causa degli scoinvolgimenti provocati dalle incessanti intrusioni dei molestatori. Molte delle vittime riportano un aumento del numero di ore perse di lavoro, per sottoporsi a counselling o a terapie mediche, oppure per andare in tribunale o fare denuncia dalla polizia; oppure riferiscono uno scadimento del rendimento lavorativo dovuto allo stress.
Alcuni dati statistici sul fenomeno
Uno sguardo alle statistiche (per i dati statistici www.stalking.it): una ricerca condotta negli Stati Uniti, circa una decina di anni fa, dal NVAW (National Violence Against Women), su un campione formato da 8.000 uomini e 8.000 donne, ha accertato che l’ 80% delle vittime erano giovani donne, di età media intorno ai 28 anni.
Non mancano dati sulla diffusione del fenomeno in Italia: più in particolare, dalla ricerca condotta dall’ONS (Osservatorio Nazionale Stalking) è emerso un dato sostanzialmente coincidente con la ricerca statunitense, circa l’80% delle vittime sono donne, e, quindi, la maggior parte degli stalkers sono uomini (il 70 è la percentuale italiana, rispetto all’87% americano).
La vittima nell’80% dei casi conosce l’autore della persecuzione che dura mediamente un anno e mezzo: lo stalker è il partner o ex (50%), un condomino (25%) o un familiare (5%). Si tratta di persecuzioni che portano il 70% delle volte a disturbi nella vittima (ansia, perdita del sonno, fino al tentativo si suicidio). Solo il 17% delle vittime però ha sporto denuncia. Solo una minoranza, quindi, risulta essere stata perseguitata da uno sconosciuto, e ciò è significativo dell’ origine o causa del “comportamento deviato”, nel senso che l’intento e l’atto persecutorio nascono – per lo più – da un legame affettivo/sentimentale finito male o, per lo meno, interrotto per volontà della vittima e non accettato. Si verifica, dunque, la seguente sequenza: uno dei partners pone fine alla relazione; l’altro non riesce ad accettare la fine del rapporto e, anziché rassegnarsi, mette in atto la propria “vendetta”, fatta, appunto, di uno stillicidio pervicace ed instancabile di atti di disturbo.
Sotto il profilo degli effetti della molestia assillante, sempre le statistiche statunitensi riferiscono che buona parte delle vittime (circa un terzo delle donne e un quinto degli uomini) avverte la necessità di rivolgersi ad uno psicologo, e non manca – a volte – l’ epilogo violento della vicenda: atti di abuso sessuale nel 31% dei casi e di violenza fisica nell’81%.